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Felicitas multos habet amicos - szczęście ma wielu przyjaciół.
Indeks Eddings_Dav D20021169 arteuza
 
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fino alla porta di Alandzu e se la porta s'apriva, lui sarebbe riuscito nella sua impresa.
Alandzu, del resto, non avrebbe diffidato di una voce marziana che gli annunciava un
messaggio urgente. Avrebbe aperto, e si sarebbe trovato davanti ad una rivoltella
puntata. Soltanto in seguito, Regelin avrebbe avuto bisogno del mio aiuto&
Trascorse un eterno minuto, prima che il tumulto s'acquietasse nel cortile. Ripresi
la mia scalata. Ottavo piano, nono, decimo. Ma ero proprio al decimo? Non m'ero in-
gannato? Masticai un'imprecazione continuando ad arrampicarmi. Le ginocchia mi si
erano scorticate sulle dure sbarre metalliche.
Diciassettesimo, diciottesimo& .. Ero arrivato, non avevo sbagliato piano. Aprii
una porta saltai in un corridoio debolmente illuminato. La porta più vicina era il n°
1839. Per fortuna, non avevo commesso errori. Fu un vero sollievo constatarlo, poi-
ché, sia pure a quell'ora di notte, avrei rischiato di fare cattivi incontri nei corridoi se
avessi dovuto circolare troppo a lungo.
Andai avanti, senza rumore, esaminando i numeri delle porte. Una lama d luce fil-
trava sotto una di esse. "Dev'essere quella" pensai e Regelin deve già essere dentro e
certo si sta chiedendo perché mai io non sia ancora arrivato." Sì, era proprio il nume-
ro 1847. Mi fermai coi nervi tesi fino all'estremo limite. Mi pareva di vivere un incu-
bo. Ma non era il momento di lasciarmi prendere da pensieri demoralizzanti. Tutta-
via, non dovevo nemmeno rischiare inutilmente: quindi, non bussai, non spinsi la por-
ta, come avrei fatto se non avessi riflettuto, ma andai avanti. Più in là, sulla facciata
est dell'albergo, scoprii un'altra scala di sicurezza che sboccava nel viale laterale di
fronte ad un muro nudo. Un cornicione correva lungo l'edificio, sotto le finestre. Infi-
lai la pistola nella cintura e incominciai ad avanzare, con mille precauzioni, su quello
stretto passaggio. Incollato al muro, avanzavo lentamente. Cosa strana, quell'esercizio
acrobatico mi distese i nervi. Per il momento non avevo nient'altro da temere che un
gesto maldestro. Per fortuna, un astronauta è allenato a superare le vertigini.
Dopo avere aggirato l'angolo del palazzo, scorsi la finestra illuminata. La raggiun-
si, tesi il collo, cercando di osservare l'interno. Giuro che il mio primo pensiero fu che
Regelin non fosse ancora arrivato, il che m'irritò, poiché era necessario che lui entras-
se per primo. Alandzu avrebbe diffidato di una voce umana. M'irritai anche di più
quando constatai che nella stanza c'erano più di due marziani. Ma quando guardai
meglio, rimasi di sasso.
Regelin c'era ma era disarmato e stava con le braccia alzate! Quattro rivoltelle gli
erano puntate contro.
Quattro marziani lo tenevano sotto la mira delle loro armi. Insomma, non marziani,
quattro di quelle fantastiche creature. Come diamine era potuto accadere che& Alan-
dzu era stata prevenuto? O che cos'altro& Rimasi immobile, aggrappato alle asperità
del muro, sentendo il vento soffiarmi in faccia. Che cosa dovevo fare? Che cosa po-
tevo fare? Se fossi saltato nella stanza gridando "Mani in alto" come nei vecchi film
tipo "Arrivano i nostri!" Essi avrebbero avuto il tempo di spararmi addosso e di am-
mazzare Regelin. In un istante di vigliaccheria, di cui ancora adesso mi vergogno,
pensai di scappare, di raggiungere Kitty, di lasciare Regelin, e i mostri al loro destino.
Mi vinsi. La lotta sarebbe finita soltanto quando noi fossimo morti: e ormai ci
mancava poco. Strinsi i denti e impugnai la mia pistola, che regolai sul fuoco automa-
tico. Mi chinai, appoggiandomi con la sinistra alla sporgenza della finestra e sparai
attraverso i vetri. Il baccano fu enorme. Li vidi cadere come marionette falciate al-
l'improvviso. Fu una cosa rapida. Caddero tutti e quattro colpiti a morte. Non avrei
mai creduto d'avere una mira così rapida e precisa. Saltai nella stanza.
«Bravo Dave!» mi gridò Regelin e mi spiegò febbrilmente: «Non ho avuto fortuna!
Mi aspettavano, erano stati avvertiti. Avvertiti da Gellert& Sì sembra incredibile, ep-
pure Gilbert è uno di loro!»
Non avevamo tempo di dire altro. Nemmeno il tempo di fermarci a pensare che
Kitty e Alice erano in una stanza, con quel mostro.
Dovevamo fuggire. Regelin, che non perdeva mai il sangue freddo, vi aveva già
pensato, mentre stava sotto la minaccia delle armi con la tenue speranza che io andas-
si a liberarlo. Mi fece segno di aprire la porta della stanza vicina. Mi indicò il letto, e
capii che mi voleva dire di nascondermi lì sotto, cosa che feci subito. Lui invece, ri-
mase immobile dietro la porta.
Non aspettammo a lungo. Udimmo risuonare dei passi nel corridoio e quasi imme-
diatamente dopo la porta dell'appartamento si schiantò. Trattenevo il respiro. Gli sti-
vali dei soldati scricchiolavano sul pavimento, aspre voci marziane riempivano la
stanza. Un gruppo di gente sovreccitata s'ammucchiava davanti alla stanza, invadeva
l'appartamento. Fu in quel momento che Regelin giocò la sua ultima carta. Il gioco
era pericoloso, ma non c'era da scegliere. Fra la confusione che regnava, riuscì a sci-
volare nella stanza più grande e a mischiarsi alla folla, senza che nessuno si rendesse
conto che era già nell'appartamento, prima che ne sfondassero la porta.
L'udii gridare: «L'assassino è fuggito& Deve essere scappato dalla finestra& »
Poi diede gli ordini con voce ferma. «Voi tre, andate a sorvegliare le scale di sicu-
rezza. E voi, telefonate allo Stato Maggiore. Ed ora sgombrate, non dovete cancellare
gli indizi, io rimarrò qui a sorvegliare l'appartamento.» [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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    Historia kroczy dziwnymi grogami. Grecy uczyli się od Trojan, uciekinierzy z Troi założyli Rzym, a Rzymianie podbili Grecję, po to jednak, by przejąć jej kulturę. Erik Durschmied
    A cruce salus - z krzyża (pochodzi) zbawienie.
    A ten zwycięzcą, kto drugim da / Najwięcej światła od siebie! Adam Asnyk, Dzisiejszym idealistom
    Ja błędy popełniam nieustannie, ale uważam, że to jest nieuniknione i nie ma co się wobec tego napinać i kontrolować, bo przestanę być normalnym człowiekiem i ze spontanicznej osoby zmienię się w poprawną nauczycielkę. Jeżeli mam uczyć dalej, to pod warunkiem, że będę sobą, ze swoimi wszystkimi głupotami i mądrościami, wadami i zaletami. s. 87 Zofia Kucówna - Zdarzenia potoczne

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